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Chiesa Parrocchiale di Santo Stefano 

 

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Obj. History

sdt
16/06/2014

Tipologia
Parrocchiale

La chiesa parrocchiale riassume la storia del paese, raccogliendo il maggior numero di testimonianze lasciate dalle maestranze locali. L'edificio, con l’ossario (inizio del XVIII secolo) a nord-ovest, la croce a sud-est e il cimitero sul lato settentrionale, formano un gruppo omogeneo che spicca nel paesaggio. La chiesa, orientata, con la fronte rivolta verso il vecchio villaggio, appare, infatti, relativamente isolata, posta su un poggio non altrimenti edificato. La facciata L'operazione di restauro, conclusa dall’architetto Tita Carloni nel 1993, ha riportato la facciata al suo antico splendore. Dalle analisi condotte durante i lavori risulta che la facciata è stata addossata a una costruzione precedente, forse di origine romanica, visibile anche nella sfasatura tra l’incornicia tura del finestrone centrale e l'apertura, che rivela appunto la presenza di una struttura precedente. La datazione e l'attribuzione della facciata presentano problemi di non facile soluzione in quanto le fonti documentarie sono pressoché inesistenti e le poche ancora reperibili sono imprecise. Di sicuro si sa che la fronte fu ultimata nel 1661, come indica la data incisa in un angolo verso nord, sotto il cornicione, scoperta e riportata alla luce dai restauratori. Non sappiamo, invece, quando si iniziarono i lavori. Per la sua tipologia, il prospetto risente chiaramente dei modi dell'architettura milanese dei primi decenni del Seicento. La Chiesa del Gesù a Roma, progettata da Giacomo Vignola nel 1568, ha dato un contributo decisivo alla definizione di un nuovo tipo di edificio a due registri con l'asse centrale decisamente avanzante. Questo schema della facciata cinquecentesca romana sarà poi ripreso e rielaborato plasticamente, accentuandone i risalti chiaroscurali e l'articolazione delle membrature in senso orizzontale e verticale, da Carlo Maderno e da Francesco Maria Ricchino. Un raffronto con altre facciate della regione, del primo Seicento, come la fronte - dal lessico tipicamente ricchiniano - di San Rocco a Bissone o del Santuario della Madonna della Ghianda a Mezzana Superiore, di Pellegrino Tibaldi, permette di ricollegare la fronte di Santo Stefano alla stessa matrice culturale. Il segreto della bellezza e dell'armonia nella facciata di Santo Stefano è rivelato dalla sottile rete di rapporti modulari, che lega le parti tra loro e queste all'insieme, ipoteticamente ricostruiti dall’architetto Tita Carloni e dai suoi collaboratori. L'uso del quadrato e del doppio quadrato nelle proporzioni lascia supporre" che l'architetto non solo conoscesse i vari trattati d'architettura (Vitruvio, Serlio, Alberti eccetera), ma che fosse anche debitore dei “modelli del Rinascimento e del Manierismo" . Per la sua sobrietà delle linee, per la sua calcolata armonia nella distribuzione degli elementi compositivi, la facciata di Santo Stefano risponde pure al principio di decoro e di semplicità auspicata da San Carlo Borromeo nel suo trattato Instructiones /abricae et supellectilis ecclesiasticae del 1577. L’interno Come l'esterno, anche l'interno si ricollega al tipo di planimetria nato in ambito controriformistico e sviluppatosi ulteriormente nel secolo successivo. Infatti, la chiesa, a nave unica con una serie di cappelle laterali, un transetto poco sporgente e un coro abbastanza ampio atto a facilitare lo svolgimento delle celebrazioni solenni, diventa una costante tipologica a partire dalla fine del XVI secolo. Con la Controriforma la funzionalità prevale sul monumentale e sul fasto esteriore. Con questo rovesciamento dei rapporti cambia di riflesso anche la valutazione dello stile, teso a un'uniformità e a un equilibrio tra le varie parti. La navata, voltata a crociera e suddivisa in due campate, è scandita da grandi arconi trasversali a pieno sesto, impostati su grandi pilastri laterali, che scandiscono in modo uniforme e ripetitivo lo spazio interno e che tendono a mimetizzare gli altari. La grande navata unica permette d'un canto l'accesso a una grande massa di fedeli unitamente al rinsaldamento, reale e simbolico, dell'unità degli astanti durante il culto, e d'altro canto offre una migliore visuale verso l'altare, centro focale delle celebrazioni liturgiche. Le fasi costruttive Arogno, come la maggior parte delle valli dell’attuale Canton Ticino, era posto sotto la giurisdizione ecclesiastica della Diocesi di Como, da cui si staccò solo nel 1884, passando all' Amministrazione apostolica di Lugano. Le descrizioni della chiesa, contenute nelle visite pastorali effettuate dai vescovi comensi dal 1578 al 1838, consentono di delineare la storia dell'edificio, seguendone lo sviluppo cronologico. La ricostruzione in chiave barocca della chiesa conobbe numerose battute d'arresto, ripensamenti, riaggiustamenti, che fecero dell’edificio un cantiere aperto dalla fine del Cinquecento alla fine del secolo successivo. Nel 1581, con la separazione dalla matrice di Riva San Vitale e con l'erezione a parrocchia indipendente, iniziano le ristrutturazioni, che comportano la costruzione della Cappella della Madonna del Rosario e della Cappella dei Re Magi sui due lati del coro. Tali interventi vanno pure visti in chiave controriformistica e intesi come una diretta conseguenza delle raccomandazioni, che vengono dal Concilio di Trento, a dotare le parrocchie di luoghi di culto adatti alla celebrazione della Messa secondo i nuovi canoni. A partire dal 1625 comincia la vera e propria trasformazione barocca dell'edificio, con il rifacimento e relativo ampliamento della Cappella del Rosario (a sinistra del coro), i cui lavori sono portati a termine nel 1630, come attesta la data, posta da Giovanni Antonio Colomba, in una cartella a stucco a destra dell'altare. Nel 1639 si ristruttura il coro, mentre l'anno successivo si dà avvio ai lavori di ampliamento della Cappella dei Re Magi (a destra del coro), conclusi solo nel 1645. Anche le decorazioni a stucco di questo periodo sono eseguite dalla bottega di Giovanni Antonio Colomba. Nel 1653, sulla parete settentrionale, si apre una nuova cappella dedicata a Sant'Antonio da Padova, finita nel 1654 e decorata in origine da stucchi, poi interamente sostituiti dagli affreschi settecenteschi di Luca Antonio Colomba. Infine, tra il 1682 e il 1688, si procede all'erezione della Cappella del Suffragio (la prima a sud entrando) con stucchi e dipinti da attribuire probabilmente a Giovanni Battista Colomba. Nei primi decenni del Settecento si costruiscono le due sacrestie (ante 1748), "le quali servono una per li scolari e l'altra per i sacerdoti C..). Le medesime sono tutte due stucate e pitturate..."Gli stucchi, di autore ignoto, aderiscono al gusto rococò mitteleuropeo, che si esprime nell'appiattimento dei rilievi, nei motivi a nastro e a griglia con rosoncini e nei sottili disegni fortemente spaziati. Lo stucco rinuncia, in questo caso, a qualsiasi addentellato con la scultura e si avvicina all’oreficeria. A queste tappe costruttive va poi aggiunta una serie di piccoli interventi: la cantoria, eretta nel 1823, e l'altar maggiore neoclassico, costruito nel 1838 da Massimo Cometta di Arogno, autore anche degli stucchi di stile impero sulla semitazza dell’abside, aggiunta nello stesso periodo. Nell'arco di tempo che va dal 1625 al 1688 sono dunque stati attuati la maggior parte dei lavori di ristrutturazione, che hanno conferito all' edificio l'aspetto architettonico e decorativo che, nelle grandi linee, corrisponde a quello attuale

Regesto Eventi
Anno Luogo Evento o ruolo Artista
1625/30Svizzera, Ticino, ArognoStucchiAndrea Colomba