All’interno del folto gruppo di scultori seguaci o collaboratori del Bernini e dell’Algardi, nella Roma della seconda metà del Seicento, Ercole Ferrata rappresenta senz’altro una delle figure di maggior spicco. Infatti, oltre a legare il proprio nome ad alcune opere di particolare rilevanza artistica, quali la statua di Sant’Agnese in fiamme e il rilievo con La lapidazione di S. Emerenziana, entrambe nella chiesa borrominiana di S. Agnese in piazza Navona, l’artista ebbe in Roma un’importante e operosa bottega, in cui lavorarono e si formarono diversi altri scultori, fra i quali il milanese Camillo Rusconi e il ticinese Francesco Aprile. Nato a Pellio Inferiore in Val d’Intelvi nel 1610, Ferrata fece il suo esordio sulla scena artistica a Napoli, all’inizio degli anni Quaranta, ma nel 1647 si trasferì definitivamente a Roma. Qui la sua attività si concretizzò prevalentemente in collaborazioni con Bernini e Algardi, i due principali scultori del momento. Sotto la direzione del primo partecipò alla decorazione plastica della basilica vaticana ed eseguì, fra le altre, sculture per ponte Sant’Angelo e l’obelisco di piazza della Minerva. Il più forte sodalizio artistico con Alessandrò Algardi, con il quale condivideva la predilezione per il classicismo, lo vide ancora attivo in San Pietro, dove partecipò ai rilievi con ‘L’incontro di Leone Magno con Attila’ (1647-48) e alle sculture per il ‘Monumento funebre di Leone XI’ (1650), mentre nel caso del gruppo con ‘S. Nicola, la Vergine col Bambino e Santi’, posto nell’altare maggiore della chiesa romana di S. Nicola da Tolentino, portò a termine, insieme all’allievo Domenico Guidi, il lavoro iniziato dal maestro. Ferrata morì a Roma nel 1686.